INCENDI E PALE EOLICHE. IL BINOMIO INCOMPATIBILE

Scavando nelle pieghe della bozza del DL 45 “Aree Idonee”, nell’allegato C , articolo 2 , comma X dei paragrafi 2 e 3 ,vengono dichiarate “non idonee al fine di garantire ed agevolare le operazioni di spegnimento dei roghi ovvero tutte le operazioni antincendio, le seguenti aree:

1. Aree che distano meno di 600 metri in linea d’aria, dagli areali dei bacini delle acque interne utilizzati per il prelievo dei mezzi aerei antincendio;
2. Aree di cresta dei rilievi e bordi degli altopiani, definite come le fasce areali aventi un’ampiezza pari a 200 metri e aventi come asse le creste dei rilievi e i bordi degli altipiani.

Ad una prima lettura verrebbe quasi da complimentarsi per l’attenzione e la lungimiranza dei legislatori che hanno tenuto conto di un annoso e concreto problema della nostra isola devastata ogni anno dagli incendi.

Purtroppo, chi ha scritto la norma si è preoccupato di garantire il rifornimento di acqua ai mezzi arei 𝗺𝗮 𝗻𝗼𝗻 𝗶𝗹 𝘀𝘂𝗼 𝘂𝘁𝗶𝗹𝗶𝘇𝘇𝗼 che, là dove vi siano impianti eolici, diventa praticamente impossibile, come riporta la “Direzione generale del corpo forestale e di vigilanza ambientale ” della regione Sardegna, in occasione della Valutazione d’Impatto Ambientale relativa al progetto di impianto eolico CE Nuoro Sud” (RAS A00 01-10-00 Prot . Uscita n. 26984 del 14/04/2024) che recita:

“𝙀’ 𝙙𝙤𝙫𝙚𝙧𝙤𝙨𝙤 𝙚𝙫𝙞𝙙𝙚𝙣𝙯𝙞𝙖𝙧𝙚 𝙘𝙝𝙚 𝙨𝙪𝙡 𝙩𝙚𝙧𝙧𝙞𝙩𝙤𝙧𝙞𝙤 𝙞𝙣𝙩𝙚𝙧𝙚𝙨𝙨𝙖𝙩𝙤 𝙨𝙤𝙣𝙤 𝙥𝙧𝙚𝙨𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙫𝙖𝙨𝙩𝙚 𝙖𝙧𝙚𝙚 𝙗𝙤𝙨𝙘𝙖𝙩𝙚 𝙚 𝙣𝙪𝙢𝙚𝙧𝙤𝙨𝙞 𝙞𝙣𝙨𝙚𝙙𝙞𝙖𝙢𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙖𝙜𝙧𝙞𝙘𝙤𝙡𝙞, 𝙘𝙤𝙣 𝙧𝙚𝙡𝙖𝙩𝙞𝙫𝙚 𝙞𝙣𝙛𝙧𝙖𝙨𝙩𝙧𝙪𝙩𝙩𝙪𝙧𝙚, 𝙘𝙝𝙚 𝙞𝙣𝙛𝙡𝙪𝙞𝙨𝙘𝙤𝙣𝙤 𝙨𝙪𝙡𝙡𝙖 𝙥𝙚𝙧𝙞𝙘𝙤𝙡𝙤𝙨𝙞𝙩à 𝙙𝙚𝙜𝙡𝙞 𝙞𝙣𝙘𝙚𝙣𝙙𝙞 𝙖𝙪𝙢𝙚𝙣𝙩𝙖𝙣𝙙𝙤𝙣𝙚 𝙣𝙤𝙩𝙚𝙫𝙤𝙡𝙢𝙚𝙣𝙩𝙚 𝙞𝙡 𝙧𝙞𝙨𝙘𝙝𝙞. 𝙄𝙡 𝙘𝙤𝙣𝙩𝙚𝙨𝙩𝙤 𝙩𝙚𝙧𝙧𝙞𝙩𝙤𝙧𝙞𝙖𝙡𝙚 𝙨𝙤𝙥𝙧𝙖 𝙙𝙚𝙨𝙘𝙧𝙞𝙩𝙩𝙤 𝙙𝙚𝙩𝙚𝙧𝙢𝙞𝙣𝙖 𝙚𝙡𝙚𝙫𝙖𝙩𝙚 𝙘𝙧𝙞𝙩𝙞𝙘𝙞𝙩à 𝙞𝙣𝙚𝙧𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙡𝙚 𝙘𝙤𝙢𝙥𝙡𝙚𝙨𝙨𝙚 𝙤𝙥𝙚𝙧𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙞 𝙙𝙞 𝙨𝙥𝙚𝙜𝙣𝙞𝙢𝙚𝙣𝙩𝙤 𝙙𝙚𝙜𝙡𝙞 𝙞𝙣𝙘𝙚𝙣𝙙𝙞 𝙗𝙤𝙨𝙘𝙝𝙞𝙫𝙞. 𝙇𝙖 𝙥𝙧𝙚𝙨𝙚𝙣𝙯𝙖 𝙙𝙚𝙜𝙡𝙞 𝙖𝙚𝙧𝙤𝙜𝙚𝙣𝙚𝙧𝙖𝙩𝙤𝙧𝙞 𝙘𝙤𝙨𝙩𝙞𝙩𝙪𝙞𝙧𝙚𝙗𝙗𝙚 𝙪𝙣 𝙤𝙨𝙩𝙖𝙘𝙤𝙡𝙤 𝙨𝙪𝙡𝙡’𝙚𝙛𝙛𝙞𝙘𝙖𝙘𝙞𝙖 𝙙𝙚𝙜𝙡𝙞 𝙞𝙣𝙩𝙚𝙧𝙫𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙙𝙞 𝙨𝙥𝙚𝙜𝙣𝙞𝙢𝙚𝙣𝙩𝙤 𝙚 𝙥𝙤𝙩𝙧𝙚𝙗𝙗𝙚 𝙖𝙙𝙙𝙞𝙧𝙞𝙩𝙩𝙪𝙧𝙖 𝙚𝙨𝙘𝙡𝙪𝙙𝙚𝙧𝙡𝙤.
𝙇𝙖 𝙨𝙩𝙚𝙨𝙨𝙖 𝙥𝙧𝙤𝙗𝙡𝙚𝙢𝙖𝙩𝙞𝙘𝙖 𝙧𝙞𝙜𝙪𝙖𝙧𝙙𝙖 𝙡’𝙪𝙩𝙞𝙡𝙞𝙯𝙯𝙤 𝙙𝙚𝙞 𝙢𝙚𝙯𝙯𝙞 𝙖𝙙 𝙖𝙡𝙖 𝙧𝙤𝙩𝙖𝙣𝙩𝙚 𝙞𝙣 𝙥𝙖𝙧𝙩𝙞𝙘𝙤𝙡𝙖𝙧𝙚 𝙣𝙚𝙡𝙡𝙚 𝙛𝙖𝙨𝙞 𝙙𝙞 𝙨𝙥𝙚𝙜𝙣𝙞𝙢𝙚𝙣𝙩𝙤 𝙚 𝙙𝙞 𝙖𝙥𝙥𝙧𝙤𝙫𝙫𝙞𝙜𝙞𝙤𝙣𝙖𝙢𝙚𝙣𝙩𝙤 𝙞𝙙𝙧𝙞𝙘𝙤”.

L’ostacolo all’efficacia di cui si parla nelle osservazioni del Corpo Forestale è di immediata comprensione, l’azione di spegnimento, sia degli elicotteri che dei Canadair, per essere efficace deve essere fatta a bassa quota per generare l’effetto “bomba d’acqua” con il quale si ha l’estinzione delle fiamme, più la quota è bassa più la massa d’acqua resta compatta dopo lo sgancio, la quota ottimale è 30 metri sia per elicotteri che per Canadair.

Qualche associazione di produttori di energia ha obiettato che l’area degli impianti viene tenuta pulita, ammesso e non concesso che questo sia vero e sempre tenendo conto che spesso le aree d’impianto sono di diversi km quadrati su terreni con una morfologia particolarmente complessa, la questione è che questo ha poca importanza, perché il problema non è la zona d’impianto, il problema è che le rotte di attacco del fuoco, 𝗿𝗶𝗰𝗵𝗶𝗲𝗱𝗼𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗶 𝗰𝗼𝗿𝗿𝗶𝗱𝗼𝗶 𝗮𝗿𝗲𝗶 𝗮 𝗯𝗮𝘀𝘀𝗮 𝗾𝘂𝗼𝘁𝗮 , 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘃𝗲𝗱𝗶𝗯𝗶𝗹𝗶, 𝗰𝗵𝗲 𝗱𝗶𝗽𝗲𝗻𝗱𝗼𝗻𝗼 𝗱𝗮 𝘂𝗻𝗮 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗲𝗽𝗹𝗶𝗰𝗶𝘁à 𝗱𝗶 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗰𝗶𝘁𝗮𝗿𝗻𝗲 𝗮𝗹𝗰𝘂𝗻𝗶 : 𝗱𝗶𝗿𝗲𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗲 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗻𝘀𝗶𝘁à 𝗱𝗲𝗹 𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼 , 𝗺𝗼𝗿𝗳𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝘁𝗲𝗿𝗿𝗲𝗻𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗽𝘂ò 𝗱𝗲𝘁𝗲𝗿𝗺𝗶𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗽𝗲𝗿𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼𝘀𝗶 𝗿𝗼𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗱𝗶 𝘀𝗼𝘁𝘁𝗼𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼, 𝘇𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗮𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶𝘁à 𝘁𝗲𝗿𝗺𝗶𝗰𝗮 𝗲 𝗿𝗲𝗹𝗮𝘁𝗶𝘃𝗲 𝗰𝗼𝗿𝗿𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗮𝘀𝗰𝗲𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗱𝗲𝘁𝗲𝗿𝗺𝗶𝗻𝗮𝗻𝗼 𝘁𝘂𝗿𝗯𝗼𝗹𝗲𝗻𝘇𝗮 , 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗶 𝗼𝘀𝘁𝗮𝗰𝗼𝗹𝗶 𝗻𝗮𝘁𝘂𝗿𝗮𝗹𝗶 𝗲 𝗻𝗼𝗻 , 𝗶𝗹 𝗰𝗼𝗿𝗿𝗶𝗱𝗼𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗮𝘁𝘁𝗮𝗰𝗰𝗼 𝘃𝗶𝗲𝗻𝗲 𝘃𝗮𝗹𝘂𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗲 𝗶𝗻𝗱𝗶𝘃𝗶𝗱𝘂𝗮𝘁𝗼 𝘀𝘂𝗹 𝗺𝗼𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗮𝗶 𝗽𝗶𝗹𝗼𝘁𝗶 , 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝗶𝗺𝗽𝗶𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗽𝘂ò 𝗾𝘂𝗶𝗻𝗱𝗶 𝗶𝗺𝗽𝗲𝗱𝗶𝗿𝗲 𝗹’𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝘀𝗽𝗲𝗴𝗻𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗮 𝗱𝗶𝘃𝗲𝗿𝘀𝗶 𝗸𝗺 𝗱𝗶 𝗱𝗶𝘀𝘁𝗮𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗼 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗼.

Il problema è talmente rilevante da spingere il 30 luglio scorso un deputato sardo Emiliano Fenu, a presentare alla camera dei deputati una proposta di “Modifica all’articolo 4 della legge 30 novembre 2000, n. 353, recante “Legge quadro in materia di incendi boschivi”

La modifica prevedeva quanto segue :
Al fine di garantire un’adeguata politica di prevenzione del rischio di incendio, all’articolo 4 della legge 21 novembre 2000, n. 353, dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:
“4-bis. Le regioni, sulla base del piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, redatti ai sensi dell’articolo 3 della presente legge e del decreto del Ministro dell’interno 20 dicembre 2001, recante le linee guida per la redazione del suddetto piano, ovvero della legge regionale di cui all’articolo 20, comma 4 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, possono individuare, tenendo conto dei fattori di rischio individuati dal piano, aree di divieto di installazione degli impianti eolici.
4-ter. Le regioni aggiornano il piano di cui all’articolo 3, integrando la cartografia del medesimo piano con l’indicazione delle aree di divieto ai sensi del comma 4-bis.
4-quater. La cartografia di cui al comma 4-ter è resa pubblica e consultabile attraverso il sito internet delle regioni”.

Dunque, l’intento dell’On. Fenu, davanti ad un problema urgente concreto e drammatico, era quello di individuare delle aree in cui a causa dell’alto rischio d’incendio non doveva essere possibile l’installazione di impianti eolici. Non si può che essere concordi, anche in virtù del fatto che l’Onorevole Fenu è un deputato del movimento 5 stelle e quindi 𝗶𝗹 𝘀𝘂𝗼 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗶𝗯𝘂𝘁𝗼 𝘀𝗮𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗱𝗼𝘃𝘂𝘁𝗼 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗿𝗮𝗰𝗰𝗼𝗹𝘁𝗼 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗲𝗴𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝗶𝗻 𝗾𝘂𝗲𝗹 𝗽𝗲𝗿𝗶𝗼𝗱𝗼 𝗲𝗿𝗮 𝗶𝗻 𝗳𝗮𝘀𝗲 𝗱𝗶 𝗿𝗲𝗱𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗱𝗲𝗰𝗿𝗲𝘁𝗼 𝘀𝘂𝗹𝗹𝗲 𝗮𝗿𝗲𝗲 𝗶𝗱𝗼𝗻𝗲𝗲, 𝗲𝗽𝗽𝘂𝗿𝗲 𝗻𝗲𝗹 𝗗𝗟 𝟰𝟱 𝗱𝗶 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗼 𝗰𝗶ò 𝗻𝗼𝗻 𝗿𝗶𝘀𝘂𝗹𝘁𝗮 𝗻𝘂𝗹𝗹𝗮, viene spontaneo chiedersi perché, ma forse la risposta più ovvia ce la fornisce uno dei tanti bollettini sulle zone a rischio d’incendio emessi dalla regione Sardegna in quel periodo.



L’immagine è oltremodo eloquente, 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗮 𝗹𝗮 𝗦𝗮𝗿𝗱𝗲𝗴𝗻𝗮 è 𝗮𝗱 𝗮𝗹𝘁𝗼 𝗿𝗶𝘀𝗰𝗵𝗶𝗼 𝗱’𝗶𝗻𝗰𝗲𝗻𝗱𝗶𝗼, 𝗾𝘂𝗶𝗻𝗱𝗶 𝗻𝗲𝘀𝘀𝘂𝗻𝗮 𝗮𝗿𝗲𝗮 è 𝗶𝗱𝗼𝗻𝗲𝗮 𝗮𝗹𝗹’𝗶𝗻𝘀𝘁𝗮𝗹𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗶𝗺𝗽𝗶𝗮𝗻𝘁𝗶 𝗲𝗼𝗹𝗶𝗰𝗶!
Purtroppo, non abbiamo nessun riscontro sull’esito della proposta dell’On. Fenu e oggi è tardi per augurarci che questo aspetto sia discusso, vista la corsa sfrenata all’approvazione del DDL 45 ormai divenuto legge.

Agostino Conti

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